Scuola di vita Treno Regionale 2259 Brennero-Bologna
Questo tempo da lupi, che neanche Genova con la burrasca, mi fa venire voglia di tutto tranne che di dormire, dato che il vento scuote anche i muri, sventola i tendoni delle impalcature di questo paese in graduale ricostruzione, sibila sotto i portici, suona le fessure tra i mattoni.
E mi viene da ripensare a oggi pomeriggio. Uno dei tanti viaggi di andata fatti in solitaria verso Bologna, macchina-treno-bus da solo, che come nessun'altra esperienza in solitaria mi dà una visione di insieme dell'uomo moderno e della società, con tutte le sue sezioni, categorie, movimenti, riti, inusualità.
A Mirandola, il vento era lo stesso. La stazione non ha barriere. Una ringhiera come balaustra davanti a un quadro di Monet quale è la campagna della bassa. Il problema è che, in caso di vento, il quadro di Monet diventa anche un ottimo asciugacapelli: dalla campagna, i giorni storti, soffia un vento che credo sia della famiglia della bora, forse un fratello minore, tanto è costante, freddo e...stupido. Insensato. Un vento coglione e fastidioso che ti viene voglia di dare i calci all'aria.
Ti passa di fianco, ripetutamente, un uomo sulla trentina, che si muove come se dovesse continuamente e goffamente dribblare più uomini sulla fascia, nemmeno fosse Baresi. Le sue mosse non si spiegano se non per un maldestro tentativo di autoriscaldamento. Sono scettico, lo guardo, mi guarda come se quello che facesse la figura da scemo fossi io. Torno a guardare le piastrelle, va là.
Arrivato in stazione talmente in ritardo sul mio treno da essere in anticipo di venti minuti sul treno dopo, aspetto con Carlo Bora che mi soffia dietro come solo le ventolone di Hollywood possono fare, con un mezzo pirla che corre avanti e indietro fino alla fine della banchina, e varia umanità seduta, accampata, varie razze e varie provenienze, tutti accomunati dal freddo e dalla serietà del momento - l'attesa sferzante del treno.
Arriva.
E' il Brennero: tratta rinomata per la scarsità di posti a sedere, per l'abbondanza di crucchi, per gli extracomunitari a piedi scalzi sui sedili (ma questi un po' ovunque), e per i controllori con l'accento altoatesino (la Morte).
Non cerco neanche posto, prendo uno di quei sedilotti retrattili che si trovano negli spazi tra una carrozza e l'altra, e mi accontento.
Un signore sulla sessantina mi imita, prende anche lui un sedilotto retrattile che, viene da pensare, non reggerà fino a Bologna, vista la stazza.
Con la coda dell'occhio, lo guardo. Sorride fuori.
Che bello. E' sereno!
Allarga le braccia come a dire "Eh, va be'!".
Guardo fuori, ma guardo anche lui, e non capisco i suoi movimenti. Cosa pensa? Come ragiona?
Mi guarda, guarda gli altri, e scuote la testa, sorridendo, allargando le braccia ripetutamente.
Sono allibito. Si sarà cagato addosso, avrà dimenticato il parrucchino sul tavolo della cucina, non può una persona comportarsi così senza avere delle vere beghe nella testa. Forse.
Crevalcore.
Arrivano gli zingari. Due donne, un uomo.
"Crashév. CRASHE'V! (non comprensibile urlato) (non comprensibile urlato)"
Urla di donna, un signore che scuote mani e testa sconsolato ma sorridente. Un bel quadretto surrealista.
Stazione Centrale, Bologna.
Come sempre, a due chilometri dall'arrivo reale, la maggior parte delle persone si alza in piedi per prendere i propri oggetti personali e avvicinarsi alle uscite. In parte è per anticipare i tempi, in parte perchè, visti i venti binari appaiati della stazione centrale (che sono appaiati fin da chilometri prima dell'arrivo effettivo in stazione), molta gente crede di essere arrivata, non consapevole che rimarrà in piedi per altri cinque minuti, quando poteva rimanere seduta.
Due categorie, perciò: i Previdenti (o Anticipatori), e gli Sprovveduti.
Gli Sprovveduti, sistematicamente, si avvicinano alle uscite e, dopo qualche minuto di attesa in piedi finiscono per mettere su il broncio, sentendosi gabbati dall'abbondanza di binari affiancati. Guardano agli ultimi rimasti seduti con l'ammirazione che si ha per i Saggi, che sanno quando è ora di alzarsi perchè veterani della Tratta Brennero-Bologna.
Oggi ho fatto il Saggio.
L'interstizio, affollato di Sprovveduti, più il tizio sorridente-spiazzato, me, qualche sedicenne e alcuni zingari, attendeva unanime l'arrivo.
Rimasto seduto, conscio della vera distanza tra noi e la fermata, mi sentivo in mano la situazione.
Cento metri.
"Non ancora...non ancora...". La pressione sale.
Cinquanta.
"Mi alzo."
Mi alzo.
Gli Sprovveduti, dietro di me, prendono la valigia, vittoriosi, soddisfatti, con un interiore sospiro di sollievo.
(Vera) Stazione Centrale di Bologna.
Pressione. Fuori, già spingono. Dentro, spingono da mò.
Il treno strattona fermandosi.
Occhi aperti, muscoli impercettibilmente elettrizzati.
Cick, la porta si sblocca. Tocca a me.
TCHCLACK! WOOOO-
Ragazzi. Neanche Mosè.
Neanche Mosè si è sentito tanto padrone di una mandria di persone, ognuno con una propria storia, ognuno con dei pensieri in testa, uno diverso dall'altro, ognuno con un futuro da scrivere, in parte già scritto.
Sono stati dei bei secondi di potenza. Secondi, perchè poi torni uno stronzo qualunque, in mezzo alla gente, ad evitare trolley, sguardi, coglioni che guardano in alto, e sicuramente a tornare a pensare ai cazzi miei.
Miseria, se soffia fuori. Quattro e tre quarti.
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